Arpocrate regna non soltanto sull’asciuttezza stilistica dell’operetta che la Biblioteca Ermetica qui presenta, ma anche sulla figura dell’autore, Huginus a Barmà, la cui dimensione storica, ricoperta in modo alchemicamente usuale dall’evidente pseudonimo, fu e resta velata. Pallide notìzie offre il Ferguson, scarse le citazioni tra i contemporanei (Fulcanellì, Alleau), e altre ricerche, come quella compiuta anni fa dalPeditrice Arche, rimangono allo stadio della buona volontà filologica.
II piccolo trattato con il titolo di Saturnia Regna in aurea saecula conversa fu pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1657. La sua traduzione francese fu del 1780, e il traduttore, anch’egli anonimo, fornì le poche informazioni su Huginus di cui in pratica disponiamo e che il lettore potrà ritrovare ora in questa integrale versione italiana di quella traduzione.
Chi abbia a mente il lessico alchemico non troverà difficoltà ad immergersi nelle pagine di Huginus, e però potrà stupirsi che il traduttore francese (si ricordi la data: 1780) non cerchi minimamente di sottrarre al dettato originale la sua criptica struttura linguìstica, ma badi, piuttosto, ad accortamente seguirne la lettera, a non turbare l’antica tramandata metafora.
La cultura medica dì Paracelso, il suo indirizzo iatrochimico, di cui Huginus è portavoce, sono così ancora di prima mano nell’attenta e letterale traduzione francese nella quale il travaglio dì una cultura ancora sofferta da cosmografie dissimili, se non contrapposte, e che all’epoca avranno già conosciuto il rasoio sperimentale di un Boyle, sembra potersi dimenticare come fatto marginale se non inesistente.
E tanto può far riflettere il lettore, se lo crede opportuno, su come sia impossìbile – e per fortuna — distaccare il risultato alchemico, anche nei suoi gradini terapeutici, dalla parola compilata e trascritta nel tempio « soterìco » dell’immaginazione. Parrebbe ancora una lezione d’umiltà a chi voglia assimilare a tutti i costi il concetto di « reale » a quello di « osservabile » o « tangibile ».
Il regno di Saturno ricorda che è dato un luogo semantico proprio dell’alchimia formatosi per sedimenti, spontaneamente, ma giustamente sovrapposti e che, nonostante le insignificanze filologiche, il lessico alchemico ha per territorio naturale l’immaginario scandito dalla sua prassi operativa e dai suoi ricordi concettuali. Tanto che, in Hugìnus, Geber può mescolarsi a Paracelso, autori, in cifra diversa, d’identiche finalità che il trattatello rammenta: « La natura prudente sia dunque la maestra dell’opera: quando lei da i pesi, distribuisce tutto saggiamente tanto nella creazione del grande mondo quanto nella creazione della nostra opera segreta, che poi altro non è se non un’imitazione o una copia dell’altro».
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