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Arbor Vitae – Angela e Giulio Malvani

10,45

Il Paradiso di Dante e l’Albero della Vita della Cabala ebraica. cm 17 x 24 – pp. 112

L’interpretazione esoterico/simbolica delle opere dantesche sembra ormai un dato acquisito dalla maggior parte degli studiosi che analizzano il pensiero del Sommo Poeta […] possiamo con certezza affermare che il presente studio supportato da una scrupolosa ricerca etimologica, storica e mitologica si inscrive decisamente nel filone dell’interpretazione esoterica degli scritti danteschi, avendo come scopo la dimostrazione delle numerose analogie che sembrano collegare la struttura del “Paradiso” con quella di “Oz Chiim”, il cabalistico “Albero della Vita” […] gli Autori si riferiscono all’emblema principale dell’antica dottrina sapienziale ebraica considerandone principalmente l’aspetto “strutturale” e non tanto quello “numerico”.

La loro indagine, esposta peraltro con un linguaggio limpido e accessibile a tutti, mira a dimostrare come la successione dei Cieli del Paradiso dantesco rispecchi fedelmente l’iter ascetico proposto dagli antichi Maestri cabalisti… Attraverso la lettura di questo saggio critico, si scopre quindi con grande sorpresa che l’architettura del “Paradiso” di Dante è calcata perfettamente su quella del simbolo centrale della Cabala ebraica […]. L’analisi degli Autori, comunque, non si limita alla sola Cabala e al suo simbolo più importante, ma si estende a tutte le scienze tradizionali, tra cui l’Alchimia, risultando estremamente minuziosa e ricca di riferimenti. L’impressione che se ne ricava è quella di un libro serio, avvincente e ben costruito, capace di respingere le obiezioni dettate dal pregiudizio razionalista e di gettare una luce, seppur piccola, sul lato più oscuro dell’abissale opera dantesca. Nonostante la complessità dell’indagine, la lettura appare dunque molto piacevole ed è davvero sorprendente scoprire guidati dalle argomentazioni di Giulio e di Angela Malvani le innumeri relazioni che collegano ogni Sephirah ai vari Cieli; relazioni talmente numerose che appare impossibile poterle attribuire al caso. Così, terminato il libro, si ha davvero la sensazione di essere scesi, per dirla col Pascoli, «nel cupo del pensiero dantesco, per la prima volta». (FdR)

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